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Da una semplice finestrella di un qualsiasi borgo della Comunità Montana della Valsassina, Val D’Esino, Valvarrone e Riviera, lontano dalle luci finte, si vedono le stelle di agosto, grandi come pomi d’oro da cogliere e riporre delicatamente nella cesta dei ricordi belli.

Quei puntini di luce lassù, nella volta blu notte, producono quell’armonia celestiale capace di regalare pace al cuore, proprio quella intravista per la prima volta da Pitagora con ipotetiche relazioni matematiche tra le stelle.

I nostri avi, in ogni punto cardinale, passavano le notti intere a guardare le stelle per ascoltare quel soffio di vita che abbraccia l’universo in un’immensità senza confini per noi incomprensibile…

I sistemi tolemaico e copernicano sostenevano che la sfera celeste fosse composta da stelle e pianeti fissati su sfere simili a orbite collocate una dentro l’altra con al centro la Terra, e il movimento dei corpi celesti era dovuto al moto rotatorio di queste sfere. Le sfere erano invisibili perché composte di una sostanza eterea, celestiale non terrena, impalpabile come un velo di nuvola.

Fu proprio il matematico Pitagora che intuì la comunicazione tra le sfere riconosciuta in seguito come ‘musica delle sfere’. Tale visione continuò ad essere seguita fino al XVII secolo. La musica delle sfere volle esprimere un concetto metafisico: le relazioni matematiche non rilevano solo rapporti quantitativi ma anche qualitativi in termini di numeri, formule, forme, suoni, in un unico contesto proporzionale. Del resto “l’altezza di una nota è inversamente proporzionale alla lunghezza della corda che la produce, e gli intervalli fra le frequenze sonore sono rapporti numerici”, Pitagora.

Anche Platone appoggiò l’idea della musica delle sfere in un sistema celeste di 8 cerchi: stelle fisse, Saturno, Giove, Marte, Mercurio, Venere, Sole e Luna.

Gli antichi greci consideravano il cosmo una scala musicale, in cui i suoni più acuti erano assegnati a Saturno e alle stelle fisse e il mondo era formato da armonia e numero.

Affermava Cicerone: “Movimenti cosi’ grandiosi non potrebbero svolgersi in silenzio, e la natura richiede che le due estremità risuonino, di toni gravi l’una, acuti l’altra…la Terra, nona, poiché resta immobile, rimane sempre fissa in un’unica sede, racchiudendo in sé il centro dell’universo…”.

Nel Medioevo questa concezione cosmologica si arricchì dei cori angelici gerarchicamente ordinati e identificati con le orbite celesti di stelle e pianeti. Agostino d’Ippona vedeva nei suoni celestiali l’armonia primordiale dell’anima. Macrobio sosteneva che la Via Lattea fornisse il latte, cioè il nutrimento, alle anime che dimoravano nel cielo in attesa di diventare uomini, secondo il progetto di Dio essenzialmente fondato sui numeri.

Anche Dante cita l’armonia delle sfere riempite di stelle nel primo canto del Paradiso.

Secondo Keplero il punto di incontro tra geometria, cosmologia, astrologia e musica è rappresentato dalla musica delle sfere prodotta dalle stelle, superando però il modello statico delle sfere in favore di un modello dinamico.

“Intonando l’antica melodia, a gara con gli astri fratelli, percorre il corso prescritto il Sole con passo di tuono” Prologo in cielo del Faust di Goethe, l’arcangelo Raffaele contempla la melodica armonia tra il Sole e i corpi celesti.

Il termine firmamento invece venne utilizzato dalla Bibbia per descrivere il cielo notturno considerato una enorme cupola stabile alla quale erano collegate, come lampadine luminose, le stelle.

Le stelle del firmamento erano collocate sotto il Regno di Dio.

La concezione aristotelica vedeva lingue di fuoco sotto la luna perché, secondo il filosofo, il mondo sublunare era costituito da 4 elementi: terra, acqua, aria, fuoco che si allunga verso l’alto come la fiammella di una candela.

Nel IV secolo a.C. il filosofo pitagorico Archita di Taranto scriveva: “se mi trovassi nell’ultimo cielo, cioè quello delle stelle fisse, potrei stendere la mano o una bacchetta al di là di quello, o no?…” , l’obiezione volle sollevare il dubbio sull’esistenza di un confine dell’universo…

Quante le considerazioni!…ma lo stupore umano è sempre grande sotto a un cielo pieno di stelle e, forse, qualche abbaglio stellare entra nell’anima e la rende felice…

Oggi per sfera celeste si intende una sfera immaginaria di raggio arbitrario su cui sono identificati gli astri. L’arbitrarietà sta nel fatto che oltre una certa distanza l’uomo non è più in grado di valutare la lontananza dei corpi celesti. cosicchè sembrano tutti allineati…

Come facevano i marinai nell’antichità a seguire le rotte? Da considerare che non conoscevano i mari e avevano paura di precipitare dal bordo della Terra.

La storia della navigazione ci insegna che la paura del ‘dopo’ viene superata dal desiderio di conoscere, di andare oltre a ciò che vediamo con fiducia e con la volontà coraggiosa di farcela nella prospettiva di scoprire nuove realtà aguzzando l’ingegno.

Ogni uomo ha un po’ di mare nelle vene perché il mare per l’uomo rappresenta il viaggio infinito verso la scoperta a cui non può rinunciarvi; la brama di mettere in gioco la sua forza fisica e mentale gli permette di osare girando il timone di velieri, barche di ogni tipo e misura, persino zattere…costantemente in balia delle onde, col vento che tira pugni, tutto per incontrare qualcuno o qualcosa di diverso, utile e prezioso, in terre sconosciute apparentemente divise dalla grande massa di acqua salata.

L’europeo Vasco da Gama fu il primo europeo che toccò le coste dell’India via mare, ma fu l’arabo Ibn Majid che in realtà guidò la nave: scambio di informazioni, conoscenze, ragionamenti sensati per il bene di tutti costituiscono il frutto di una buona navigazione.

Ebbene, come facevano questi navigatori a orientarsi in mare se le bussole vennero utilizzate a partire solo dal XII secolo?

Guardando le stelle: di giorno il giro del sole da est a ovest , di notte osservando la Stella Polare a nord, e localizzavano il sud con la costellazione della Croce del Sud. In ogni mare del mondo quindi, ogni marinaio poteva contare su un punto di riferimento celeste per tenere la rotta.

…e proprio questa notte d’agosto, mentre il canto del grillo entrava in casa, l’enorme costellazione dell’Orsa Maggiore sfilava davanti alla finestrella oscurata dal nero più nero del cielo puntinato da milioni di stelle, inaspettatamente, l’Orsa è sfumata nel buio e la foto ha ritratto la scia d’argento di una stella cadente.

MARIA FRANCESCA MAGNI

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