Era l’ormai lontano 1978 quando ho partecipato alla mia prima Sagra (avevo giusto 20 anni !) con i ragazzi di Radio Valsassina. Da uno stand polveroso e come al solito molto “caldo” trasmettevamo in diretta alcuni degli Eventi che succedevano quotidianamente, con i nostri commenti e interviste volanti.
Qualche anno dopo, con l’amico Riccardo Benedetti, distribuivamo invece gratuitamente tonnellate di copie de Il Pioverna, il mensile della Valsassina stampato dall’ottimo Memi Mascheri di Introbio.
Dieci anni dopo, tra il 1988 e il ’90, avevo invece uno stand come “Libreria della Valsassina”, che il grande Giulio Selva mi aveva dato prima gratuitamente, poi a prezzi scontati, con l’obiettivo di portare un po’ di cultura nella manifestazione fieristica.
Giulio Selva, alla cui memoria rimarrò sempre legato, aveva le idee chiare su cosa dovesse essere la Sagra.
La definizione più corrente, anche se già all’epoca forse un poco esagerata, usata anche da Renato Corbetta, l’altro inventore della Sagra, era “Vetrina della Valsassina“.
All’epoca più di metà degli standisti erano valsassinesi: oggi, che sono ridotti al 20% circa, non si potrebbe più dire.
Ma Selva andava lui a chiedere agli artigiani di partecipare : qualcuno accettava e qualcuno gli rispondeva che preferiva andare in ferie.
La Sagra è cresciuta così, anno dopo anno, con le pagine pubblicitarie comprate addirittura sul Corriere della Sera e su La Repubblica, che ne accrescevano la popolarità e la rilevanza, addirittura a livello nazionale.
Sessant’anni sono tanti, per una manifestazione che Pasolini avrebbe definito “nazional popolare“.
Anche se non può più definirsi “vetrina della Valsassina”, e molti degli espositori vengono da tutt’altre zone, la Sagra è rimasta una grande salottone all’aperto, dove incontrare amici e conoscenti che magari non si rivedono da anni (l’esperienza come standista è sempre stata faticosa ma divertente)
Ma chi sono i frequentatori della Sagra ? Non sono i “Vips”, non è gente che va a Cortina d’Ampezzo o a Courmayeur: sono perlopiù pensionati, lavoratori spesso mal retribuiti, giovani dal lavoro precario.
Pubblico “nazional popolare” appunto, perlopiù di ceto medio basso, che non può permettersi vacanze costose.
Attenzione allora, l’allarme lo hanno giustamente lanciato i bagnini della Versilia e i commercianti di Venezia: la gente spende poco, la tendenza agli acquisti non è mai stata così bassa negli ultimi anni.
La gente, soprattutto quelli che fanno fatica ad arrivare alla fine del mese (ed è gran parte del pubblico della Sagra) ha capito che le tensioni geopolitiche internazionali si riflettono sui propri magri borsellini: la Guerra in Ucraina ha triplicato le nostre bollette del gas, e adesso si aggiungono i dazi di Trump, la guerra continua in Palestina, le tensioni “nucleari” tra Russia e Stati Uniti, la crisi politica ed economica europea.
Mai nubi così fosche sul nostro futuro, e su quello dei giovani in particolare.
Allora è importante, mi permetto di dare un consiglio, cercare di “calmierare” i prezzi, tenerli più bassi possibile.
Quando andavo in Sagra con la Libreria, gli articoli che si vendevano di più erano quelli a basso prezzo: le cartine turistiche della Kompass (oggi sostituite dalle App) che costavano 4.000 lire, e le collane economiche della Mondadori o della Newton Compton (massimo 10.000 lire).
I libroni fotografici da 60.000 lire in su rimanevano invenduti.
E’ importante allora cercare di tenere i prezzi più bassi possibili, se si vogliono evitare clamorosi “flop” : la gente ha ormai pochi soldi da spendere, attenzione a farglieli spendere bene !
ENRICO BARONCELLI