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Direi abbastanza interessante l’articolo firmato da Fabio Martini sull’Huffington Post, che ricordava qualche giorno fa, il 20 settembre, la Giornata dedicata agli Internati Militari Italiani (IMI) celebrata in una cerimonia col Presidente Sergio Mattarella, ma sostanzialmente ignorata anche dai Partiti di Sinistra e dall’ Anpi nazionale (non presenti alla cerimonia).

Non così, come è noto, in provincia di Lecco, dove da ormai diversi anni l’ex dirigente bancario in pensione Giuseppe Amanti si prodiga per recuperare negli archivi le schede dei soldati italiani (soprattutto valsassinesi) catturati dai Tedeschi, e i loro eredi vengono premiati con una medaglia data dal Prefetto (ricerca che è giustamente valsa all’Amanti nel Maggio di quest’anno l’onorificenza di Cavaliere della Repubblica).

Ma quali sono , secondo Martini, le cause di una freddezza dimostrata per anni dalla Sinistra nei confronti di questi IMI ? Per esempio Martini ricorda che Alessandro Natta, l’ex segretario del PCI, ha dovuto aspettare ben 42 anni prima di pubblicare un suo libro sull’argomento, rifiutato inizialmente dagli stessi Editori Riuniti. La stessa Giornata sugli IMI è stata proposta e approvata solo molto recentemente da un deputato di Forza Italia, Giorgio Mulè, che non è di Sinistra.

Ma quali sono i motivi per questa “freddezza” ? Secondo Martini “il Pci, temette che la resistenza senza armi dei militari avrebbe inficiato il monopolio comunista sulla Resistenza armata”.

Questa giustificazione in realtà mi sembra un po’ debole. Ma partiamo dall’inizio, appunto, proprio dall’8 Settembre del 1943.
In quel giorno storico gli Americani decisero di rendere pubblico l’Armistizio firmato a Cassibile il 4 settembre dai rappresentanti dell’Esercito italiano: Badoglio aveva chiesto e ottenuto che rimanesse segreto almeno per qualche giorno (se non per settimane, come sperava) per preparare l’Esercito alla nuova situazione.

In realtà gli alti comandi italiani erano terrorizzati dalla reazione che avrebbero avuto i Tedeschi, che immaginavano poco favorevole.
Avrebbero fucilato una quantità enorme di soldati italiani, rei di “tradimento”, come in effetti successe a Cefalonia ?
Non lo sapevano, come non sapevano che TUTTE le loro comunicazioni telefoniche erano intercettate dai servizi segreti tedeschi, i quali sapevano perfettamente che cosa stavano per fare gli Italiani, e per questo avevano già preso le loro contromisure.

L'”Operazione Achse” , cioè la cattura a sorpresa di TUTTO l’esercito italiano, per essere deportato in Germania come lavoratori nelle fabbriche tedesche, era in realtà stata progettata addirittura già all’indomani della caduta di Mussolini il 25 Luglio del 1943.

Quindi i Tedeschi erano preparati, noi no !
L’attacco si basava sulla sorpresa (ben raccontata da Alberto Sordi nel suo film “Tutti a casa“, in cui dice la celebre frase : “I Tedeschi si sono alleati agli Americani e adesso ci sparano !”)

La cosa umiliante è che il rapporto tra Tedeschi e Italiani era di 1 a 10 : un soldato tedesco catturava dieci italiani, cento tedeschi mille italiani.

Badoglio però, nel suo proclama serale in cui viene costretto a convalidare l’annuncio americano (che all’inizio della giornata venne addirittura smentito, per cercare di tranquillizzare il Comando germanico) afferma però anche che “ogni tentativo di disarmare i soldati italiani deve essere respinto“.

E questo è il punto: in un convegno di due anni fa organizzato a Lecco proprio dall’Anpi, un professore che ha studiato la questione ha affermato che quell’ordine era stato diramato e chiarito anche nelle sue procedure operative.
Gli ufficiali sapevano bene che cosa avrebbero dovuto fare : non farsi disarmare, ma resistere anche con le armi a ogni tentativo di intimidazione.

In sostanza: avrebbero dovuto fare tutti come l’eroico Generale Gandin a Cefalonia ? Risposta: SI , avrebbero dovuto comportarsi tutti come la eroica Divisione Acqui di Cefalonia ! Era il loro dovere di soldati, e un ordine militare in tal senso era stato ufficialmente diramato.

Nella stragrande maggioranza invece non lo fecero: ci furono in realtà episodi di resistenza, soprattutto in altre isole nel Mediterraneo e nei Balcani, dove alcuni reparti prima resistettero ai Nazisti, e poi passarono armi e bagagli nella Resistenza Jugoslava, che fino a pochi giorni prima avevano combattuto, agli ordini di Tito (che con il massacro delle foibe fu particolarmente ingrato verso gli Italiani).

Invece nella grande maggioranza si lasciarono catturare come agnellini inermi : massimo disonore per dei militari. Ricorderei che ai tempi degli Antichi Romani, che di Eserciti certamente se ne intendevano, i reparti che si fossero arresi troppo facilmente erano condannati alla decimazione !

Una volta arrivata in Germania Mussolini, umiliato da come era stato trattato quello che considerava il SUO esercito (che in tante occasioni in realtà aveva anche combattuto anche valorosamente, in Grecia, Montenegro, Francia, Jugoslavia e in Russia, per non dimenticare El Alamein) cercò di intervenire per migliorare la situazione degli internati e proporre loro di arruolarsi nel nuovo esercito della RSI.

E qui c’è il famoso rifiuto di gran parte degli IMI, ormai decisamente disgustati dai Tedeschi e che soprattutto non avevano più alcuna intenzione di tornare sui campi di battaglia (molti in realtà erano terrorizzati dall’idea di dover tornare in Russia, a ripetere una tragica esperienza da poco conclusasi).

Basta questo per arruolarli nel vasto campi dell’Antifascismo ? Su questo argomento io, a differenza dell’Amanti, andrei con molta cautela.

Anche perché allora dovremmo considerare antifascisti anche le decine di migliaia di soldati Italiani che si arresero inopinatamente agli Inglesi nell’estate del 1940, in Libia (anche qui il rapporto era di uno a dieci !) chiudendo prematuramente la loro “guerra fascista” , come pure anche in Etiopia nei mesi successivi.

Un’ultima cosa: dei circa 70-100.000 che si dichiararono “optanti”, cioè disponibili a essere arruolati nell’esercito di Salò, che secondo Pisanò arrivò persino a 400.000 soldati – ma probabilmente era un un numero assai inferiore, e gravato da un tasso di diserzione molto alto – solo una piccola parte tornò in Italia. Alcuni addirittura si arruolarono pur di tornare in Italia, per poi disertare e passare con i Partigiani, scelta questa si antifascista !

La maggior parte degli ex IMI restò in Germania, dove vennero organizzate quattro divisioni di soldati italiani (visitate più volte dallo stesso Mussolini) che però incredibilmente i Tedeschi non mandarono mai a combattere in Italia, con la scusa che dovevano “esercitarsi” , se non egli ultimi giorni di guerra, quando furono impiegate nel Mantovano per cercare di resistere alla ormai irrefrenabile avanzata degli Alleati sul Po, alla vigilia del 25 aprile 1945.

In realtà i Tedeschi non si fidavano più degli Italiani: non si fidavano né dell’esercito “regolare” della RSI del Maresciallo Graziani, che a parte la battaglia di Anzio tennero lontano dalla linea del fronte, ordinandogli di impiegarsi nel garantire l’ordine interno (cioè nella lotta anti partigiana) e tantomeno si fidavano di queste ultime divisioni create appunto con gli “optanti”, lasciati in Germania a fare letteralmente nulla (ma ben trattate) anche quando sul fronte le perdite tedesche diventavano ogni giorno sempre più consistenti.

Potremmo dire che questi, a differenza dei loro ex commilitoni IMI che subirono maltrattamenti, fame sofferenze e molti sacrifici, che in ogni caso è giusto ricordare, furono decisamente più “fortunati” !

ENRICO BARONCELLI

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