Dopo la campagna pubblicitaria “Niente giustifica la caccia”, Fondazione Capellino-Almo Nature ha diffuso due sondaggi Ipsos e Piepoli:
la maggioranza degli italiani è contraria al DDL Caccia e chiede maggiori tutele per fauna selvatica e la biodiversità.
La Fondazione ha anche organizzato un dibattito sulle posizioni pro e contro la caccia e sul disegno di legge in discussione in Parlamento.
Dopo aver fatto parecchio discutere con la campagna «Niente giustifica la caccia» – uno spot che ha suscitato parecchio scalpore anche perché apertamente contrario a dei potenziali clienti dell’azienda, i cacciatori e i loro cani – la Fondazione ora si rivolge direttamente ai parlamentari.
Lo fa con un appello e con numeri alla mano:
due sondaggi realizzati da Ipsos e dall’Istituto Piepoli proprio per Fondazione Capellino, diffusi a pochi giorni dal dibattito sul Disegno di Legge 1552, fortemente promosso dal Ministro dell’Agricoltura Lollobrigida, che mira a riscrivere la legge quadro del 1992 sull’attività venatoria nel nostro paese.
Fondata da Pier Giovanni Capellino, Almo Nature ha sempre destinato interamente i propri profitti alla Fondazione Capellino, che opera secondo un modello definito Reintegration Economy, in cui l’impresa serve a sostenere la salvaguardia della biodiversità.
Seguendo questo modello, la Fondazione si è quindi schierata apertamente contro la riforma, inviando i risultati delle indagini a tutti i parlamentari italiani “per sensibilizzare sul Ddl 1552 e sulla necessità di non modificare la legge quadro sulla caccia”.
Gli italiani e la caccia: cosa dicono i sondaggi
Le due ricerche, condotte su campioni rappresentativi della popolazione italiana, offrono un quadro piuttosto netto.
Sul fronte della sicurezza, l’85% degli intervistati da Ipsos e il 71% da Piepoli ritengono che la caccia comporti rischi gravi per le persone e per gli animali domestici.
Dal punto di vista etico, invece, il 78% (Ipsos) considera la caccia moralmente inaccettabile per la sofferenza inflitta agli animali, mentre il 94% del campione Piepoli ritiene che l’attività venatoria debba essere abolita, fortemente limitata o mantenuta con le regole attuali.
Sul piano della tutela della biodiversità, quasi sette italiani su dieci (68% per Ipsos, 69% per Piepoli) vedono la caccia come una minaccia per la tutela degli ecosistemi naturali e la conservazione delle specie.
Anche dal punto di vista di eventuali abbattimenti per il contenimento di alcune specie considerate dannose, invasive o in sovrannumero, la posizione è piuttosto netta:
secondo Piepoli, oltre il 75% degli intervistati ritiene che tali interventi debbano restare di competenza esclusiva di enti pubblici, come le guardie forestali o gli enti parco.
Il nuovo #DDLcaccia non convince gli #italiani
Anche in merito al discusso disegno di legge, i numeri mostrano una tendenza coerente:
il 61% degli italiani (Ipsos) e il 76% (Piepoli) si dichiarano contrari alla proposta di modifica della normativa.
Solo una minoranza – il 24% secondo Piepoli – si dice invece favorevole.
Un ulteriore dato interessante, sempre da Piepoli, mostra anche che il 77% degli intervistati firmerebbe una petizione per abolire o limitare la caccia, non per ampliarla.
“Non vogliamo abolire la caccia – ha dichiarato Pier Giovanni #Capellino – ma impedire l’introduzione di nuove e controverse disposizioni che amplierebbero i diritti dei cacciatori contro il volere della maggioranza degli italiani.
Si ascolti il sentimento del paese”.
Secondo il presidente della fondazione, occorre allargare lo sguardo e avere un punto di vista più ampio e rivolto al lungo periodo.
“In una democrazia è doveroso tutelare gli interessi di tutti, senza prevaricazioni, salvaguardando ciò che è patrimonio nazionale e promessa di sostenibilità per il futuro.
Le mie posizioni sulla caccia sono radicali, sono contrario, ma rispetto i diritti già riconosciuti ai cacciatori.
Chiedo solo che non si vada oltre”.
La #Fondazione chiede dunque che, nel rispetto dei diritti dei cacciatori, vengano garantiti anche quelli di chi difende la fauna selvatica, la biodiversità e le politiche ambientali.
Cosa prevede la possibile riforma sulla caccia
Il nuovo DDL 1552 sulla caccia fortemente voluto dal ministro #Lollobrigida, punta a modificare la storica legge 157/92, ampliando le possibilità per i cacciatori e concedendo maggiore autonomia alle #Regioni.
Tra le principali novità ci sono l’allungamento della stagione venatoria, il ridimensionamento del ruolo dell’ISPRA nei pareri tecnici, e la possibilità di autorizzare la caccia in nuove aree, comprese alcune zone demaniali o boschive oggi più tutelate, come le spiagge.
Il testo prevede inoltre maggiore libertà sulla cattura e l’utilizzo di uccelli come richiami vivi, nuove facoltà per i proprietari di terreni e aziende agricole nella gestione della fauna, e una semplificazione delle regole sugli abbattimenti, con l’obiettivo dichiarato di considerare l’attività di caccia come il principale strumento di gestione della fauna.
Proprio questi punti, insieme alle modalità con cui è stato presentata inizialmente la riforma, sono gli argomenti che hanno generato più controversie.
Le associazioni ambientaliste e animaliste, ma anche ricercatori e divulgatori, denunciano il forte rischio di una “caccia più facile” e meno regolamentata, con conseguenze sulla biodiversità senza basi scientifiche, sulla sicurezza e sulla tutela delle specie di uccelli migratori.
Anche la procedura parlamentare con cui il disegno di legge è stato portato avanti nei mesi scorsi è stata fortemente criticata, ritenuta troppo rapida e poco aperta al confronto.
Il dibattito del prossimo 27 ottobre alla Sala Sivori di #Genova intende proprio favorire un confronto tra posizioni differenti, offrendo al pubblico la possibilità di ascoltare argomentazioni pro e contro la riforma.
Un momento di confronto, ma anche di riflessione collettiva su un tema che, come mostrano i sondaggi, in realtà divide sempre meno…
Di Salvatore Di Ferraro

