Non sono d’accordo con la richiesta di dimissioni, avanzata dal Sindaco di Dolzago Paolo Lanfranchi, riguardante il Sindaco di Casargo e consigliere provinciale con delega all’istruzione Antonio Pasquini.
Il Sindaco di Casargo è una persona seria, secondo me: ha una lunga esperienza di amministrazione, è stato consigliere comunale per molti anni a Lecco, rieletto Sindaco per la seconda volta a Casargo con larghissima maggioranza (e in effetti si è meritatamente dato da fare) rimane l’unico valsassinese eletto in Consiglio provinciale.
Se un addebito però gli va fatto, è di essersi prestato a una “cialtronata“, a cui una persona del suo spessore politico non avrebbe dovuto prestarsi.
E’ una “cialtronata” a mio parere la manifestazione per ricordare i 18 militi fucilati di Salò davanti allo stadio di Lecco il 28 aprile 1945 (tre giorni dopo la supposta “fine della guerra”) e una “cialtronata” corrispondente la risposta dei centri sociali e di alcuni noti personaggi che hanno tentato di invadere il Comune di Lecco, prestando il fianco agli alti lai del centrodestra, che subito ha colto l’occasione per mandare comunicati pieni di sdegno ai giornalisti (che naturalmente io ho avuto il piacere di cestinare !)
Tantomeno sono d’accordo col contenuto del suo discorso davanti alle fiaccole fiammeggianti dei nostalgici saloini: cioè il tentativo di “conciliazione” (sulla base di un vecchio intervento dell’ex Presidente della Camera Luciano Violante nel 1995) per il quale dopo ottant’anni dovremmo mettere da parte le divergenze, tra Fascisti e Antifascisti, per “conciliare” tutto come se fosse una pratica ormai scaduta (tipo un “condono” edilizio).
Qui non c’è un discorso di conciliazione, a mio parere, ma soltanto di rivalutare la verità storica: da una parte, in una guerra civile (o Resistenza, chiamiamola come vogliamo ma il senso non cambia) molto violenta e sanguinosa, ci stava chi voleva riportare la Democrazia in Italia, liberi Partiti, libera stampa, libere associazioni, libertà di voto e di opinione, tutte cose che il Fascismo aveva schiacciato per vent’anni.
Dall’altra parte invece ci stava chi pensava che il Fascismo fosse stato il migliore dei regimi possibili, da continuare anche nei decenni futuri (“il secolo fascista” vaneggiava Mussolini) e nel frattempo collaborava alacremente con i “camerati” Nazisti accompagnando donne e bambini Ebrei al Binario 21 della Stazione Centrale di Milano, destinazione Auschwitz, e torturando e fucilando quando possibile il maggior numero di Partigiani o sospetti partigiani.
Non mi sembra ci sia molto da conciliare, né all’epoca ma nemmeno oggi.
Casomai, come detto, andrebbe fatta luce sulla verità storica dei fatti, a mio parere molto ambigui.
Quei diciotto militi erano diretti in Valtellina, nel “ridotto” dove Pavolini vaneggiava di una disperata e utopistica resistenza alle truppe alleate (a cui i Tedeschi per primi non credevano) ma tutti ormai avevano capito che la guerra era conclusa, e che i Nazi-Fascisti avevano perso.
Si è detto che quei diciotto sono stati fucilati perché, dopo aver alzato bandiera bianca, nello scontro con i partigiani presso Pescarenico, vicino al ponte della ferrovia, poi avevano ripreso a sparare, uccidendo alcuni partigiani. Questa è la giustificazione con cui successivamente si è motivata la loro condanna a morte.
Ma che senso ha un episodio del genere ? Come detto i Fascisti avevano compreso benissimo che la situazione era ormai disperata per loro. Il Maresciallo Rodolfo Graziani, comandante in capo dell’ Esercito saloino, li aveva ufficialmente congedati pochi giorni prima, disciogliendo l’esercito della Repubblica, e in più aveva dato loro una “liquidazione”, cioè circa 7.000 lire italiane per soldato (la zecca era a Bolzano): i Fascisti giravano con rotoli di banconote ancora da tagliare che valevano molto di più delle “Am Lire”, cioè le lire americane, il che faceva pericolosamente di loro delle prede ancora più appetibili !
Perché mai avrebbero dovuto riprendere a sparare dopo essersi arresi ? Che senso ha questa “giustificazione” ?
Farei allora un’altra ipotesi : in molte città italiane, soprattutto in Emilia Romagna e in Liguria-Piemonte, dove la Resistenza è stata una cosa seria e molto più aspra che nel Lecchese, gruppi di Fascisti diretti al Nord sono stati catturati, dopo il 25 Aprile, e fucilati sul posto, senza tante storie né tribunali di sorta.
Era una “vendetta“, discutibile o meno, comprensibile solo se ci caliamo in quel clima di odio, di violenza, di rabbia per gli amici o i fratelli morti, che oggi noi non possiamo capire, ma che nel 1945 era ancora molto vivo.
A Lecco invece la “fucilazione” dei militi è stata “infiorettata” appunto con il racconto (secondo me non molto credibile) della bandiera bianca e degli spari a tradimento dei Fascisti.
Ci sono stati dei testimoni (purtroppo oggi morti) che non hanno sentito nessuno sparo dopo l’alzata della bandiera bianca (Pasquini farebbe bene a ricercare in questa direzione). E questo mi sembrerebbe molto più credibile.
La verità storica è l’unica cosa che sarebbe da cercare (ma purtroppo forse non la sapremo mai).
Altri discorsi, commemorazioni “farlocche” e tantomeno nostalgie “revansciste” (di cui il Governo Meloni fa ampio uso evidentemente) sono tutte stupidaggini che un politico serio dovrebbe lasciar perdere.
Questo è il mio consiglio : dopo di che Antonio puoi buttarlo nella carta straccia come io certi comunicati di FDI !
Lo dico anche per il tuo bene ! Con immutata stima
ENRICO BARONCELLI