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Il 14 maggio 2025 all’Unitre Valsassina, in Comunità Montana, la professoressa dell’Università Statale di Milano Chiara De Lorenzo ha parlato di alimentazione, celiachia e diabete.

“…aveva trovato quella foglia ricciuta sul bordo di un rigagnolo d’acqua. L’aveva subito assaggiata, proprio un tocchetto non di più, perché settimana l’altra in molti avevano chiuso gli occhi senza più riaprirli dopo aver mangiato dell’erba…In un attimo la foglia insapore al sole si seccò,

sbriciolandosi in un pozzetto d’acqua esalando un intenso odore. Con la conca della mano prese l’acqua con le briciole di foglia e bevve…” Aveva inventato la minestra…

Cultura e alimentazione sono un connubio inscindibile. L’uomo vive perché mangia e beve acqua, il cibo è indispensabile per sopravvivere e nel contempo, secondo le epoche e gli usi, l’alimentazione configura l’idea di ciò che siamo stati e che siamo, come diceva il filosofo tedesco Feuerbach.

La paleobotanica e l’archeologia sperimentale hanno svelato la conoscenza dello sviluppo alimentare, utile per comprendere l’evoluzione delle civiltà.

10mila anni fa l’uomo si cibava essenzialmente di carne cruda, come i lupi, poi per caso il sole abbrustolì un pezzo di selvaggina abbandonato su una roccia, che ai primitivi parve subito più digeribile, e da lì la carne, nel corso dei secoli, si continuò tendenzialmente a mangiarla cotta.

La ricerca del cibo era basata su un dispendio energetico molto elevato per delle piccole creature pelose alte circa 1metro… Spesso non c’erano altro che radici e qualche frutto selvatico per placare la fame, ma questi alimenti non bastavano per avere la forza di combattere contro le fiere e per camminare per giorni e settimane per procurarsi il cibo.

Fu con la vita sedentaria che l’uomo cambiò radicalmente il suo rapporto col cibo. Utilizzando i prodotti disponibili un po’ dappertutto come le granaglie seppe creare i primi pani. E il pane si sa, rimane l’elemento più diretto per sfamare la gente, perché può essere prodotto con qualsiasi seme macinato su pietra con pietra mischiato all’acqua.

Poi si inventarono salse bianche, rosse, verdi, soprattutto in epoca Romana, manicaretti e ricette gourmet nel Medioevo…delizie sempre più sofisticate fino ai nostri giorni solo per golosità e piacere, non per sopravvivere. Con il Rinascimento, riconosciuto come il periodo più appassionato di botanica, le verdure assumono un notevole significato alimentare, si affinarono così le tecniche agricole per selezionare le colture finalizzate a rendere appetitosi i cibi.

L’alimentazione lungo il cammino dell’uomo è sempre stato un linguaggio specifico che emerge, senza parole, dallo studio dei prodotti usati, dei sistemi di produzione e di consumo dei popoli. Le ricerche distinguono nitidamente il mondo di chi non contava niente dal mondo degli eletti, chi mangiava albicocche e fagiani al miele sull’altare del potere da chi si nutriva di mais e trippa in fondo alla storia.

Con le guerre il mercato nero dei prodotti alimentari venne percepito dalle persone come l’unica possibilità per procurarsi il cibo: razionato per la povera gente, abbondante nelle feste quotidiane in lussuose residenze.

Nelle nostre valli patate e castagne costituirono il solo nutrimento per la gran parte della popolazione, ciò determinò il diffondersi della pellagra e del rachitismo.

Solo dopo il 1950 in Italia, in Lombardia, nei paesi della Comunità Montana, l’alimentazione divenne più uniforme sulle tavole di tutti, dei possidenti e dei nullatenenti, indipendentemente dallo status sociale.

La Terra è via via sempre più popolata, e la nostra esistenza dipende essenzialmente dalla capacità di sviluppare un’agricoltura sostenibile e un ambiente sano. Occorre un’elevata professionalità nella gestione dei terreni, degli antiparassitari, delle sementi, leggi a tutela dell’agricoltura perché è qui che nasce il cibo che garantisce la vita al pianeta.

Dalla mal gestione dell’alimentazione insorgono altri problemi: troppo cibo ingoiato con l’aumento dell’obesità, la totale mancanza di cibo che prosciuga la linfa della vita umana, la repulsione al cibo dovuta a intolleranze, allergie e malattie, che possono provocare gravi danni irreversibili al nostro organismo.

Ippocrate, medico greco nonché padre della medicina scientifica, notò gli effetti negativi dovuti all’ingestione di latte di mucca già centinaia di anni a.C., si può dire che la sua osservazione fu il primo allarme che delineò in seguito le intolleranze al cibo.

La prof.ssa De Lorenzo con grande professionalità ha spiegato la celiachia e i rischi nell’assunzione di cibo “velenoso” per i celiaci.

La celiachia è una malattia auto-immune al glutine che comporta un’infiammazione cronica dell’intestino tenue che a sua volta porta a una progressiva riduzione dei villi intestinali responsabili dell’assorbimento delle sostanze nutritive. Può manifestarsi in tutte le età, persino sin dallo svezzamento. I sintomi sono: diarrea, ritardo della crescita nei bambini, dolori e gonfiore addominali, astenia. La relatrice mostra una foto del 1957 di Lancet che riproduce il ventre gonfio di un bambino celiaco, con lo sguardo tutti i presenti hanno accarezzato quel bimbo antico con la pancia grossa provando un brivido di compassione. Tanti sono i bambini celiaci oggi che soffrono in silenzio e forse si vergognano.

Parecchie persone non sanno cosa sia la celiachia, per molti non è una malattia, ma una moda, una seccatura per via delle contaminazioni che possono generare guai ai ristoratori, agli amici che organizzano una festa, ai responsabili delle gite scolastiche, alle mense, agli stessi parenti…d’ altro canto non si può fare come gli struzzi, il problema c’è e va affrontato. Non si può nemmeno colpevolizzare chi non sa come e cosa fare di fronte a una persona affetta da celiachia. Senza punti di riferimento, senza aiuti, se non la buona volontà lasciata al caso non si risolvono i problemi.

Inoltre vi sono casi di celiachia con sintomi assenti o extraintestinali che si rilevano con una biopsia in età adulta unitamente a sintomi neurologici.

Tra l’1% e 1,5% sono gli Italiani malati di celiachia, un’enormità.

L’unico trattamento efficace rimane una dieta priva di glutine.

Il diabete è una malattia caratterizzata da livelli molto alti di glucosio nel sangue causata da un’insufficiente produzione di insulina da parte del pancreas o perché il corpo non reagisce all’insulina. La professoressa cita 2 tipi di diabete: tipo 1, a causa della distruzione delle cellule beta del pancreas l’organismo non produce, o scarsamente, insulina; e tipo 2, l’organismo non risponde all’insulina o ne produce poca, non sufficiente per il fabbisogno del corpo.

La diagnosi rileva i livelli di glucosio, zuccheri, nel sangue a digiuno superiori a 126 mg/dl. I sintomi più comuni sono: stanchezza, sete, perdita di peso, vista offuscata, ferite che si rimarginano a fatica, aumento della diuresi…

Per il diabete di tipo 1 è necessaria una terapia insulinica per tutta la vita, per il diabete di tipo 2 si prescrive una dieta sana, non restrittiva ma mirata, giustamente dosata con pochi zuccheri, e attività fisica, soprattutto passeggiate a piedi o in bicicletta.

In Italia sono circa 3milioni le persone malate di diabete. E’ un dato impressionante. Quindi è necessario sensibilizzare le persone affinchè adottino una dieta equilibrata con lo scopo di mantenere un peso forma che non sia fonte di malattie fisiche o mentali. Occorre promuovere la buona pratica di movimento all’aria aperta, uno stile di vita che va a rompersi la testa contro le ore e ore passate dai nostri ragazzi dietro agli schermi, o scudi, mangiando merendine, per ripararsi dall’aria fresca che entra dalla finestra.

Aggiungo, un recente studio pubblicato sulla rivista “Nature Medicine” ha rilevato microplastiche nel cervello umano, una quantità esattamente pari a un cucchiaino da caffè. Altri studi hanno rilevato la presenza di microplastiche anche nel fegato e nel rene…Queste microplastiche sono costituite principalmente da polietilene. Le ricerche consigliano che passare dall’acqua in bottiglia all’acqua del rubinetto filtrata potrebbe ridurre l’assunzione di microplastiche da 90mila a 4mila particelle all’anno. Ancora non sono state codificate nel dettaglio le conseguenze delle microplastiche nel corpo umano.

Un profondo dubbio però striglia il pensiero: cosa mangiamo? Cosa beviamo? Il cibo e l’acqua sulle nostre tavole cosa sono?

MARIA FRANCESCA MAGNI

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