Condividi l'Articolo sui Social

A Bindo c’è la chiesina dedicata a San Biagio tinteggiata di rosso, coi muri scrostati dal tempo, poggiata su un dosso come una sentinella di fede che domina i pinnacoli della Grigna.

In Valsassina il cristianesimo arrivò come una folata di aria calda che sgelò i cuori a partire dal V secolo d.C., e gli uomini e le donne da quel momento fecero tesoro della Buona Novella: con sacrifici e tanto lavoro costruirono diverse chiesette di culto cattolico sparse tra i campi, per ricordare in ogni ora della giornata la bellezza della preghiera che purifica dai pensieri malvagi.

La chiesina di San Biagio ha origini antichissime, ma nel Cinquecento, probabilmente a causa di incursioni barbare e per le intemperie, divenne inaccessibile. Nel 1711, grazie al lavoro diretto degli abitanti, venne ricostruita. Spicca il campaniletto con tre campane, l’eco del loro dindon rimbomba tra i larici e nelle grotte della Grigna. Sulla parte superiore del portale è riportato l’anno 1770, pare sia l’anno della realizzazione dell’altare in marmo.

L’interno è impreziosito dalle tele di Pierino Motta che raffigurano San Biagio e la Madonna di Caravaggio, e…la Risurrezione di Lazzaro ridipinta del 1967, perché l’affresco originale si è sbriciolato nel tempo. Quest’ultimo quadro impressiona: Gesù parla a Lazzaro in piedi che guarda il Figlio di Dio con occhi grandi, stupiti, interlocutori. Sembra che Lazzaro non capisca, l’espressione del volto è di paura, mentre Gesù sorridente con la mani aperte gli va incontro, dietro di Lui le pie donne sono dipinte con la bocca aperta di chi non sa cosa dire o fare, perché cose più grandi, incomprensibili alla mente umana, si stanno compiendo davanti agli occhi…

Le chiesine di montagna sono luoghi di fede dal fascino unico, immerse in paesaggi da cartolina nascondono tesori artistici di pregio, sono porte aperte sulla bellezza della montagna dove natura e uomo si incontrano in un unico rifugio: la spiritualità umana si annoda alla solennità della natura.

“…Una farfalla bianca sta sul corno del re dei camosci. Un fucile sta a tracolla del vecchio cacciatore di montagna. Li attende un duello differito negli anni. Più che la loro sorte, si decide la verità di due esistenze opposte” e “sotto il tetto di rami alzava il muso di notte verso l’alto del cielo, un ghiaione di sassi illuminati. A occhi larghi e respiro fumante fissava le costellazioni, in cui gli uomini stravedono figure di animali, l’aquila, l’orsa, lo scorpione, il toro…” Erri De Luca, Il peso della Farfalla.

Due vecchi: un camoscio e un cacciatore si annusano tra le rupi e i prati verdi. Li accomuna la fragilità delle loro esistenze in un ambiente aspro che non fa sconti a nessuno. Pesa in entrambi la solitudine, e i vecchi scarponi e gli zoccoli malandati non reggono più il passo. Due esseri vagabondi tra le montagne che amano più di loro stessi, sempre in bilico tra ieri e il domani.

Poi una farfalla, col suo peso insignificante, riequilibra le sorti: il camoscio, riconosciuto l’odore del cacciatore, sceglie di andare incontro all’uomo consapevole del suo destino e nel silenzio del bosco si consuma l’antico rituale, il cacciatore spara al camoscio, gli lega le zampe, e lo prende sulle spalle per tornare al paese. La forza della natura osserva e, per il peso di una farfalla, l’uomo stanco e vecchio cade e muore insieme al re dei camosci.

I sospiri delle innumerevoli forme di vita in montagna si sovrappongono, si cercano, vengono e vanno in un alternarsi di emozioni tra i rododendri in fiore o sui sentieri ghiacciati. Senza parole, senza inutili convenevoli si consumano i cicli dei tempi.

E le chiesine di montagna, custodite dai boschi, sperdute tra i prati, per i fedeli rappresentano un angolo di raccoglimento distante dal frastuono del mondo, diventando piccoli scrigni di devozione. Qui, il silenzio della natura amplifica la voce interiore, e un senso di meraviglia e di pace sommerge l’anima.

MARIA FRANCESCA MAGNI

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *