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L’abisso del cuore

Il 26 giugno di ogni anno è dedicato alla Giornata Internazionale per la Lotta contro la droga istituita nel 1987 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
In occasione di tale giornata Papa Leone XIV ha ricordato che droga e dipendenze sono prigioni invisibili dentro di noi che incatenano la nostra libertà, ci soffocano. Solo insieme agli altri si può vincere il male e trovare la gioia perché Dio ci ha “fatti per essere insieme” davanti alle inquietudini del cuore: oggi è quel ragazzo nell’abisso, domani puoi essere tu, o tuo figlio, tuo nipote…

“Troppo spesso in nome della sicurezza, si è fatta e si fa la guerra ai poveri, riempiendo le carceri di coloro che sono soltanto l’ultimo anello di una catena di morte. Chi tiene la catena nelle sue mani, invece, riesce ad avere influenza e impunità. Le nostre città non devono essere liberate dagli emarginati, ma dall’emarginazione; non devono essere ripulite dai disperati, ma dalla disperazione…”.
Prevenzione, cura, recupero, parole importanti che impegnano tutti. Eppure quante volte al suono dell’ultima campanella che segna la fine della lezione, appena fuori dal portone delle nostre scuole, di nascosto sulla strada arriva un pennacchio d’allarme…quante volte i prof preoccupati si sono affacciati senza mai vedere niente di niente…Droghe sempre più sofisticate uccidono i nostri ragazzi senza che noi possiamo accorgercene.

Ma c’è un’altra droga che preoccupa lo stato mentale dei giovani: la dipendenza dal ‘telefonino’.
Campagne pubblicitarie ne invogliano l’acquisto.
Inoltre mi preme sottolineare che sicuramente imparare ad usare le tecnologie accorcia le distanze, si ampliano le conoscenze ma…si costringono i ragazzi a stare ore e ore davanti al monitor. Allora, un insegnante che deve seguire 9 classi di ca 25 studenti ciascuna, e via via a ritroso 8-7-6…per altri insegnanti, con l’invenzione delle piattaforme o social di classe, questi docenti dovrebbero stare 24h di fila giorno e notte a rispondere agli alunni e ai genitori, oltre a programmare e interagire coi colleghi. Mi domando: come si fa? Un docente ha bisogno di silenzio e concentrazione per preparare le lezioni, un alunno altrettanto. A casa, i ragazzi oltre a seguire i social di classe, a cui dedicano tanto tempo, ‘navigano’ con le loro barchette fragili in mezzo alle tempeste della rete dove trovano di tutto, compreso l’adescamento per scopi illeciti come la pedopornografia, lo spaccio di droga, il bullismo e il cyberbullismo.

Secondo l’ultima rilevazione ISTAT quasi il 69% dei ragazzi tra gli 11 e i 19 anni è stato vittima di comportamenti offensivi, irrispettosi o violenti, online o offline subiti con continuità e il 21% è stato bullizzato. Offese, insulti, esclusione portano all’isolamento, all’emarginazione, a trovare conforto nelle dipendenze estreme.
Nonostante siano passati tanti anni, il ricordo di Luca e Marco, due miei compagni di scuola, si fa vivo di tanto in tanto. Luca era appena tornato col padre, famoso alpinista e avventuroso esploratore, da un lungo viaggio in oriente sulla pista di Marco Polo. Non si adattò alla modesta quotidianità ritrovata, sembrava imbesuito, non ascoltava, rideva. Aveva toccato l’esagerazione del vivere a neanche 13anni. Lo trovarono morto di lì a poco per overdose di eroina.

Marco invece era arguto, soprattutto in matematica, viveva in un quartiere angusto. Cominciò a frequentare brutte compagnie e a drogarsi. Si perse. L’ultimo giorno che lo vidi era uno scheletro vivente. “Vai a messa? “ mi chiese, “sì” risposi. Mi parve di scorgere la smorfia di un sorriso tra le profonde cicatrici del suo volto. Non aveva neanche 20anni quando morì di AIDS.
Oggi forse non si muore più, ma la gioventù sta male. E i modelli di riferimento sono costruzioni di carta infiammabili che bruciano subito e non lasciano traccia.

MARIA FRANCESCA MAGNI

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