Condividi l'Articolo sui Social

Ai crocicchi, lungo i sentieri, in cima a un costone, accanto a un muretto di mammole gialle, sono nate insieme ai fiori di campo per mano incerta dei montanari le Santelle: piccole edicole votive considerate luoghi santi dove i boscaioli, i pastori e i contadini i podive requià con quai avemarie.

La santella è una chiesa povera in miniatura di legno, di sasso o di coccio dedicata alla devozione popolare.

Non c’è Paese della Comunità Montana della Valsassina, Valvarrone, Val d’Esino e Riviera che non ne abbia almeno una.

Le Santelle spesso rappresentano Maria, colei a cui tutti si rivolgono senza soggezione abbandonandosi, magari in lacrime, tra le pieghe del suo mantello dipinto di blu per scappare dal caos violento della vita e trovare rifugio nella sua grazia.

Maria è quiete, è speranza, è bellezza semplice, non grida, è genuina manifestazione della fede cristiana. Papa Pio XII nel 1942, in piena guerra, ha consacrato il mondo al Cuore Immacolato di Maria.

Capitava anni addietro che i nostri Paesi celebrassero presso le santelle le Rogazioni, cioè preghiere in processione con lo scopo di avere la benedizione divina sul lavoro dei campi e pioggia a sufficienza per la produttività della terra, per tener lontane le catastrofi e gli incendi, per allontanare la disperazione…

Mani contorte, callose, doloranti, mischiando un po’ di mattone rosso della Fornace con del gesso, o con la sabbietta fine del torrente, davano forma ai dipinti custoditi dalle Santelle. Alcune figure di santi hanno i piedi troppo grossi e teste troppo piccine…ma Maria, in tutte le Santelle che ho visto, è disegnata col viso delicato e sereno che trasmette conforto.

Sono molte le tracce di Dio sulle nostre montagne che risalgono a centinaia di anni fa, le Santelle lo testimoniano.

Probabilmente anche gli avvicendamenti storici hanno contribuito alla diffusione delle Santelle sul nostro territorio come la grande epidemia del 1600: la peste che decimò le popolazioni, o la riforma protestante del 1500, le guerre e il loro orrore…

Oh se potessero parlare le nostre montagne! Goccia a goccia, con la neve che si scioglie a primavera, quanto sangue innocente è colato dentro ai canaloni…

Sicuramente gli uomini e le donne coi gerli e le berle sulle spalle carichi di legna o di fieno, dovendo affrontare pesi più grandi di loro, vollero la presenza delle Santelle sulle stradelle nei boschi e ai margini dei prati: per condividere con i Santi, ma soprattutto con Maria, pane e sudore.

Ci sono Santelle ristrutturate come quella al passo Agueglio, o invase dalla vegetazione come la Santella sulla strada prima di arrivare a Parlasco, sul casello di Garzaa spicca inconsueta la tenera immagine di Gesù che gioca coi bambini in braccio, nella Santella di Mascee c’è la Madonna col viso beato ai piedi del Signore crocifisso e tre dannati: guardo sempre quello in mezzo, credo abbia gli occhi buoni.

Le Santelle descrivono un patrimonio di cultura religiosa popolare che non misura la proporzione o gli angoli d’estetica, ma rappresenta l’arte del cuore della povera gente.

MARIA FRANCESCA MAGNI

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *