La rivoluzione dell’amore: unica speranza
Prima Messa di Papa Leone XIV a Castel Gandolfo nella parrocchia di San Tommaso da Villanova: “…oggi c’è bisogno della rivoluzione dell’amore…Oggi, quella strada che da Gerusalemme discende verso Gerico, indicata nella parabola del Buon Samaritano, è la strada percorsa da tutti coloro che sprofondano nel male, nella sofferenza e nella povertà; è la strada di tante persone appesantite dalle difficoltà o ferite dalle circostanze della vita; è la strada di tutti coloro che ‘scendono verso il basso’ fino a perdersi e toccare il fondo; è la strada di tanti popoli spogliati, derubati e saccheggiati, vittime di sistemi politici oppressivi, di un’economia che li costringe alla povertà, della guerra che uccide i loro sogni e le loro vite…”.
I dazi sono imposte applicate sulle merci che varcano i confini degli Stati. L’abc dell’economia politica insegna che questi balzelli possono contribuire a proteggere l’industria nazionale, ma non a lungo termine, perché sono solo i piani programmatici di sviluppo industriale, agroalimentare, uso delle risorse primarie e fabbisogno sociale che sostengono la domanda e l’offerta. Quindi i dazi sono strumenti pericolosissimi nel libero mercato con gravi ripercussioni economiche sia per i consumatori che per le imprese . Sulla prima pagina di un qualsiasi manuale di economia politica si apprende che i principali soggetti economici che muovono i sistemi economici sono: le famiglie, le imprese, lo Stato, le banche, il Resto del mondo…
Non si può investire sui dazi per incrementare le entrate fiscali di uno Stato e pensare di ridurre il deficit di bilancio! Senza un piano economico incentrato sul libero scambio inteso come l’unico motore di crescita e prosperità di un Paese, in una realtà economica come la contemporanea, non si va da nessuna parte. Non si promuove né benessere né sviluppo, anzi i poveri diventano sempre più ultimi, da rottamare in qualche discarica a cielo aperto…
Douglas Irwin, professore di economia nel Dartmouth College, dichiara: “Abbiamo un Presidente, Donald Trump, del XX secolo in un’economia del XXI secolo che vuole riportarci al XIX secolo”.
Nel 1800 gli Stati Uniti segnarono ‘l’età dell’oro dei dazi’ con un tasso medio che sfiorava il 50% basandosi su una dottrina adottata fin dalla fondazione del Paese che sosteneva la protezione dell’economia durante l’espansione dell’industria americana. Ma…spiega il prof. Keith Maskus, docente all’Università del Colorado, il sistema fu sostenuto dai dazi marginalmente perché due furono i fattori più importanti per lo sviluppo dell’economia americana: l’accesso alla mano d’opera (peraltro a bassissimo costo) internazionale e il capitale che arrivava negli Stati Uniti da tutte le parti del mondo di magnati che volevano incrementare la loro ricchezza in quella enorme estensione di terra spopolata dall’Atlantico al Pacifico…
Christopher Meissner, professore all’Università della California, sostiene che un altro motivo per il quale negli Stati Uniti il settore industriale era fiorente in quel periodo fu la disponibilità abbondante di risorse naturali: carbone, petrolio, ferro, rame, legname…, necessarie all’industria. I dazi secondo questa tesi sono stati del tutto irrilevanti, anzi se fossero stati più bassi maggiore sarebbe stato lo sviluppo.
Trump cita spesso William Mckinley, ex presidente degli USA, il padre dell’imposizione dei dazi nel 1890, il periodo denominato ‘Gilden Age’, eppure quell’imposizione non impedì alle importazioni di continuare ad aumentare…
Da ricordare anche che la Grande depressione americana fu alimentata, oltre che da complicate dinamiche politiche-economiche interne, dall’aumento dei dazi, afferma il Center for Strategic and International Studies.
Alla fine della seconda guerra mondiale gli USA, nel 1947 con altri 23 Paesi, firmarono un accordo di libero scambio, il GATT, che permise lo sviluppo del commercio internazionale con dazi moderati. Il libero scambio fu ulteriormente ampliato con l’istituzione dell’Organizzazione mondiale del commercio nel 1995 a cui aderirono gli Stati Uniti, e nel 2004 venne esteso tra gli USA e diversi Paesi dell’America centrale.
Nel 2025, il Presidente americano Donald Trump ha riaperto il registro dei dazi alzandoli a dismisura. Senza una strategia o programma economico, se non quello di abbassare il debito pubblico e affossare il welfare, deportando, da figlio di migranti, i migranti presenti nel Paese che vivono in tuguri e lavano i pavimenti. Perchè?
MARIA FRANCESCA MAGNI