Canti alpini e leggende popolari avvolgono di fascino la storia delle chiesette di montagna.
“As tu vist la ceseta de Transaqua…col Cimon de la Pala sora i copi?
Lei ha gli occhi chiari come l’acqua, e i capelli lisci e senza groppi.
Sì, gh’ho vist la ceseta de Transaqua…ma il Cimon de la Pala no xera.
Sopra i coppi lustri per la pioggia…si vedeva una nuvolona nera.
Nella cesa cjanta Messa il prete…sul Cimon de la Pala fis’cia il vento.
Cosa importa se ho le scarpe rotte? Io ti guardo e mi sento il cuor contento
Cosa importa…” canto alpino ‘La ceseta de Transaqua’.
Nel Comune di Casargo, in località Somadino vicino al valico di Piazzo, ‘na gesete veje com ol temp scriu ” dedicata a Santa Margherita fu costruita, probabilmente attorno all’anno 1000 come attestano gli studiosi, su uno speroncino di roccia a ridosso della antichissima strada per le Terre Alte della Valsassina, della Valvarrone, fino a proseguire per la Valtellina e raggiungere il Nord Europa. Questo percorso, di interesse strategico, una volta passava sotto il portico antistante l’ingresso, poi dismesso per la progettazione e la costruzione della litoranea Bellano-Colico dagli Austriaci tra il 1824 e il 1832. Nel 1880 venne tracciata la carrozzabile odierna che passa a pochi metri dalla chiesina.
Piccola, solitaria, una bomboniera di sasso dove il Cielo ha collocato nel corso dei secoli i suoi gioielli più preziosi: la fede nella Buona Parola della gente semplice e il fiore della speranza che ogni giorno beve una goccia d’acqua dalle mani degli invisibili e permette al mondo di avere una coscienza.
Nell’abside semicircolare, la chiesetta conserva gli unici affreschi romanici della Valsassina. Il 18 agosto 1922 la chiesina di Santa Margherita, accartocciata sul Sasso di Guardia ai piedi del Monte Muggio, fu riconosciuta dallo Stato italiano Monumento Nazionale. Più volte restaurata all’interno e rimaneggiata all’esterno.
La tradizione popolare lega la chiesina alla leggenda dei Santi Eremiti Lariani: 7 fratelli e una sorella, Margherita….Non c’era niente da mangiare quel giorno, i fratelli, dopo aver girovagato un bel po’, trovarono una nocciolina vicino a una sorgente. Tutti i fratelli furono contenti di condividere quella provvidenza, eccetto uno di poca fede che ahimè mori. Ulderico, Fedele, Grato, Sfirio, Calimero, Defendente, dal dispiacere si incamminarono sulle cime delle montagne e lì si stabilirono, vegliando sui loro villaggi con l’accensione di fuochi di pace o di allerta per tutte le sere a venire dai rispettivi romitaggi…Su ogni vetta venne costruita una chiesetta alpestre, su Defendente, il Cimon sopra a Esino Lario, oggi svetta solo una grande croce accanto a dei ruderi. Margherita invece non lasciò mai il fondovalle, e rimase vicino alla sorgente dell’ultimo incontro coi fratelli dove venne costruita l’omonima chiesina.
Queste chiese eremitiche in realtà erano posizionate all’interno di una capillare rete paramilitare con scopi di avvistamento e segnalazione.
Goffredo da Bussero citò l’oratorio di Santa Margherita nel Liber Notitiae Sanctorum Mediolani nel 1266, un elenco che citava le chiese presenti nell’arcidiocesi di Milano: in Vasaxina, loco Somadino, ecclesia sancte Margherite. E secondo alcuni studi di Oleg Zastrow e Pierfranco Mastalli la chiesina di Santa Margherita fu la prima chiesa parrocchiale dell’Alta Valsassina da Taceno a Premana, per effetto della “particolare configurazione di frontiera e di luogo fortificato che ebbe a caratterizzare anticamente l’estremità settentrionale della pieve Valsassina: in particolare la Valle di Casargo e l’alta testata della Val Varrone”.
…arranco un po’ sui grossi massi che sorreggono la chiesina di Santa Margherita, ma voglio sbirciare dalle 2 monofore della graziosa abside che si vedono dalla strada. Dalla monofora di sinistra vedo bene l’affresco cinquecentesco indicato sui libri d’arte nella prima campatella della navata che rappresenta la Madonna col Bambino, Santa Margherita e, secondo Angelino Borghi, San Giorgio. Due curati, Pasetti e Uberti, nel 1911 descrissero il dipinto: “A sinistra è ritto un giovane soldato, in clamide verdognola, e gambe rosse. Colla destra regge l’asta di un gonfalone spiegato, recante la croce; la manca è poggiato sull’elsa di un enorme spadone con la punta verso terra. Guarda verso la Madonna, che campeggia un po’ più in alto, nel mezzo della scena. La Vergine è molto bella, sebbene volgaruccia; ha tinta rossigna, veste rossa, manto azzurro. Colla destra si tien sul petto un libro legato in verde, con la sinistra tien saldo il Bambinello, in vestina color carne, meno leggiadro della divina sua Madre. Egli è in atto di benedire, e nella sinistra regge la palla che rappresenta il mondo. A destra vi è Santa Margherita, ritta in piedi, con lungo abito tutto di un pezzo; presso il collo spunta una camicia a ricami. Qui il colore è più morbido che nelle altre figure, ricciuti i capelli, gentile l’aspetto e il portamento. Nella destra la Santa stringe una crocetta semplicissima di legno lunga quasi mezza persona. Vicino ai piedi della Santa c’è una specie di vilucchio o roveto, ma coperto in parte da una grossa macchia rossa, sovrapposta. Può darsi che vi fosse dipinto il diavolo…”.
Guardare quella meraviglia, attraverso le monofore della chiesina di Santa Margherita è stato come ricevere una carezza.
“ C’è una chiesa alpina
Dove già rintocca una campana
Nel vederla così in alto
Pare in cielo e più lontana…” canto alpino “Chiesetta alpina”.
MARIA FRANCESCA MAGNI



