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L’incontro di ieri pomeriggio al Planetario e poi al Museo Archeologico è stato presentato da Mauro Rossetto, Direttore del SIMUL , cioè l’insieme dei Musei lecchesi.
Un aspetto su cui diversi dei presenti hanno insistito è il tema della “collaborazione” tra diversi enti e istituzioni (Comuni, Comunità Montane, Province ecc) non solo pubbliche ma anche private (Associazioni ecc.).

Così per esempio Alice Sbriglio, della Sovrintendenza regionale, che ha illustrato i più importanti interventi di restauro eseguiti ultimamente in provincia, tra cui sicuramente la nuova area archeologica scoperta alle porte di Vercurago (sotto il cosiddetto “Castello dell’Innominato”) che probabilmente era un’area votiva alcuni millenni prima di Cristo, nell’Età del Bronzo o del Rame.

“Quello che appare nei Musei in esposizione però è solo una piccola parte di ciò che è nei magazzini , che per adesso viene conservato, ma che ancora non è stato adeguatamente trattato per la presentazione”.

Dell’area di Vercurago ha parlato anche l’archeologo Nicolò Donati, che ha citato una stele molto interessante lì ritrovata, ma anche una necropoli con ben cinque tombe del periodo di Golasecca , X secolo a.C. ritrovata a Colle Brianza i cui reperti sono stai esposti nell’Ottobre del 2023.

“Il restauro protegge il patrimonio anche per le generazioni future” ha detto Donati, concetto ripetuto anche da Simona Piazza, instancabile Assessora alla Cultura e Vicesindaco di Lecco.

L’altro archeologo presente, Franco Blumer, si è invece soffermato sulle tecniche specializzate di conservazione dei reperti: “in particolare per quanto riguarda gli oggetti di ferro (caschi ed elmi, spade, punte di lance ecc.) è facile che siano ossidati col passare del tempo, che siano rovinati dalla ruggine, e che quindi siano fragilissimi (basta toccarli e si rompono)”.

Blumer ha quindi spiegato le tecniche per rafforzare la struttura degli oggetti metallici, con particolari diluenti chimici, che cercano di riportarli il più possibile all’antico splendore .

Se anche altre zone della provincia lecchese hanno dato reperti interessanti, come ad esempio Costamasnaga (spille, punte di lancia ecc.) però la Valsassina è sicuramente una della zone più interessanti, soprattutto per quanto riguarda il periodo Gallico, qualche secolo prima dell’arrivo dei Romani.

Tra questi , l’ormai famoso “Coltello tipo Introbio” (prime due foto) , scoperto in una cava di sabbia nel 1928 ed esposto oggi in una vetrina del Museo.
“La lama si presenta sinuosa e il fodero termina con un puntale a coda di uccello, fermato da diverse piastrine, e rinforzato con lamine sagomate” dice la didascalia.

Oltre al coltello , e a elmi e spade celtiche (Barzio, zona funivia) , è stata ritrovata a Ballabio al Prato della Chiesa (Gola di Balisio) una necropoli che conteneva i resti di altri 22 individui, tra cui molti bambini,

In località “Paradiso” di Lecco invece è stato trovato nel 1987 l’ormai famoso “teschio forato” di una donna del Paleolitico (terz’ultima foto) , di circa 30 anni calcolati in base all’usura dei denti, sottoposta a “trapanazione” al cervello con una pietra tagliente che le ha provocato un foro in cima alla testa (ma è sopravvissuta per qualche giorno) praticato da qualcuno non si sa se per scopi medici o religiosi: una strana usanza, presente anche in altre zone dell’Europa, e addirittura anche in Perù, dall’altra parte del Mondo.

Molti poi i reperti e le considerazioni legate alla produzione dei metalli: “Per fondere i minerali – ha spiegato Donati – sono state abbattute intere foreste. La mano dell’umo è presente, dai tempi antichissimi, anche in aree che noi erroneamente consideriamo naturali”.

Per esempio Val Biandino una volta era una vallata interamente piena di alberi: la legna però serviva per le prime fonderie del ferro, e quindi ancora oggi la parte nord orientale si presenta spoglia e priva di alberi, abbattuti per i primi storici altiforni locali.

Interessante anche l’area romana del Museo, dove da pochi anni è stato esposto un pavimento romano a mosaico ritrovato a Mandello.

L’Archeologia ha quindi ancora molto da dire sulla storia dell’Uomo e sulla sua evoluzione: la ricerca scientifica, pur con pochi fondi, va avanti , e un po’ alla volta altri reperti saranno esposti.

ENRICO BARONCELLI

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