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…con le gambe corte.
Nel libro “Verità e bugie nella politica internazionaleJohn Mearsheimer tenta di sollevare il tendone del palcoscenico mondiale sul tema della menzogna in politica.
La menzogna si distingue in: falsità, omissioni, allarmismi, creazioni di miti che il più delle volte portano alla distruzione dell’uomo comune e i popoli ignari alla guerra. Guerra che muove mercati che favoriscono ricchezze spropositate per pochissimi. Le mezze verità invece portano ai complottismi, a compromessi senza capo né coda, a stipule di carte che non hanno valore nella sostanza.

Allora i leader mentono perché sono malvagi? No, è per mantenere il potere attraverso boutade stravaganti, appariscenti, che con mira da cecchino vanno a colpire con precisione sempre e solo gli ultimi. Quelli che vengono contati per i voti, che non contano nulla: anche se qualche volta ronzano come le mosche, si acchiappano facilmente.

Niccolò Macchiavelli nacque a Firenze nel 1469 quando Lorenzo de’ Medici, duca di Urbino, diventò Signore della città. Nel 1494, dopo aver studiato la storia antica e le opere soprattutto di Cicerone e Tucidide, assunse la carica di funzionario della Repubblica di Firenze, esautorata dalle prediche del frate Girolamo Savonarola che Macchiavelli criticò ferocemente, e per questo non ottenne cariche importanti. Nel 1498 Savonarola fu bruciato vivo pubblicamente perché considerato eretico e Macchiavelli divenne secondo cancelliere responsabile della politica estera e degli affari militari. Tuttavia non ebbe fortuna come “ministro degli esteri” perché i numerosi Staterelli regionali italiani con cui stipulava accordi diplomatici di giorno cambiavano idea di notte, cosicchè le alleanze si dileguavano tra le falsità e gli interessi personali e convenienti dei signorotti, duchi, conti, principi…Come la contessa di Forlì, Caterina Sforza, che ritirò il sostegno militare promesso a Firenze contro Pisa lasciando Macchiavelli alla mercè della derisione generale…

Per questo Macchiavelli si convinse sulla scarsa moralità della politica reale che vantava eserciti inaffidabili composti da incapaci mercenari e regnanti deboli seppur gonfi di muscoli o beltà, di scarso acume, privi di idee programmatiche, quindi corruttibili.
Nel 1513 Macchiavelli scrisse la sua opera più famosa “Il Principe” dedicata proprio a Lorenzo de’ Medici. La narrazione mette in guardia i popoli dai governanti che non sono in grado di gestire le questioni belliche e diplomatiche, non c’è concordia vera, solo inganno nelle trattative: gli Stati sembrano allearsi e dopo poche ore si fronteggiano da nemici…

“Il fine giustifica i mezzi” si legge nel libro, cosa vuol dire? Il principe può usare ogni mezzo pur di raggiungere il fine prefissato perché ha come unico scopo quello di potenziare il suo principato anche con crudeltà e scaltrezza. Ma non deve essere cinico o cattivo, deve saper bilanciare il calcolo e l’adulazione, anche essere buono e saggio: furbo come una volpe e forte come un leone…
“Chi viene eletto principe col favore popolare deve conservare il popolo come amico”.
“Il Principe” di Niccolò Macchiavelli venne inserito nell’Indice dei libri proibiti con l’obiettivo di censurarne il contenuto.

MARIA FRANCESCA MAGNI

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