La democrazia interattiva e collaborativa ci permette di costruire ponti umanitari, come gli aiuti ai bambini malati e affamati di Gaza senza ospedali e senza cibo, commerciali per condividere in maniera equa i mercati perché il mercato, dalla preistoria, non ha mai avuto padroni: da memoria d’uomo circolano sul mercato del paese, nazionale o internazionale, solo merci di scambio regolamentato.
Ponti sanitari, culturali, sociali, educativi, musicali, tecnologici…ci rendono connessi, creano legami interiori con reti infinite di interessi, relazioni, parternariati.
La povera gente invoca finché ha fiato che questi ponti siano di pace e non di guerra, ponti di progresso e non di sterminio.
“…la terra era piana e liscia come una bellissima padella di smalto. Ciò dispiaceva al demonio, che invidiava all’uomo quel dono di Dio. E mentre essa era ancora quale era uscita dalle mani divine, umida e molle come una scodella non cotta, egli si avvicinò di soppiatto e con le unghie graffiò il volto della terra di Dio quanto più profondamente potè. Il diavolo creò in questo modo burroni e voragini. Dio allora mandò gli angeli a spiegare le ali sopra le crepe causate dal diavolo, permettendo agli uomini di attraversarle e di stringersi la mano.
E’ così che gli uomini hanno imparato dagli angeli di Dio come costruire ponti…” Ivo Andric, premio Nobel per la letteratura.
I ponti riparano le rotture del diavolo, può essere.
Ma c’è un’altra angolazione del pensiero sul ponte, più materiale, che merita una fermata nella corsa forsennata per costruirlo e che riguarda il rispetto della natura. Il poeta John Milton: interferire con l’ordine della natura, quando le forze sono impari, insormontabili e inaccessibili, vuol dire placare solamente i desideri degli uomini “è così che abbiamo perso il Paradiso. Una volta il mondo degli umani dipendeva solo dal Cielo, e da lì pendeva felicemente come un ciondolo all’estremità di una catena. Satana…avanzando a tentoni dall’inferno alla terra attraverso l’oscurità del Caos, progettò un ponte sulle sue tracce. Su di esso inviò i suoi figli: il Peccato e la Morte, i primi immigrati del mondo, che hanno portato rivalità e disagio, orgoglio e desiderio inappagabili nella vita degli esseri umani”.
I punti di vista sono tanti, le ambiguità altrettante. In ogni caso i ponti, dal tronco messo per traverso sul ruscello all’elegante ponte romano sino ai ponti dei nostri giorni, hanno permesso il passaggio, la scoperta, la ricerca.
Tuttavia esiste un limite per la costruzione dei ponti materiali: quello dell’invalicabilità delle forze naturali, perchè la natura non si può sfidare e alla fine pretende il conto. Mentre per i ponti più propriamente spirituali il limite è rappresentato dal rispetto per le persone, tutte.
Una bozza di progetto per costruire un ponte che colleghi la Calabria alla Sicilia rientrava nel ‘corridoio Scandinavo-Mediterraneo delle reti transeuropee dei trasporti’ antecedente all’Unità d’Italia, precisamente fu Ferdinando II delle Due Sicilie nel 1840 a coltivare l’idea di collegare la Sicilia al continente con un ponte. Ma le condizioni naturali delle coste reciproche, delle correnti marine, e del vento, non ne hanno mai permesso la fattibilità, oltre agli ingenti costi.
Il progetto ufficiale, oggi in discussione, risale agli anni ‘90-’80 del secolo scorso. Nel 2003 si aggiudicò l’appalto il Consorzio Eurolink, in qualità di Contraente Generale, ma fu redatto in forma definitiva dalla società danese Cowi per conto del Contraente Generale tra il 2010 e il 2011, e sempre Cowi aggiornò il progetto nel 2023-2024. Nel 2013 il governo Monti ne impose la sospensione per mancanza di sottoscrizione di Eurolink e dell’insostenibilità finanziaria dell’opera.
Il governo Meloni con il decreto legge n. 35 del 2023, convertito con la legge n. 58 del 2023, ha riattivato il proseguimento del progetto con un costo orientativo complessivo di circa 14miliardi di euro.
Sono tanti i record che questo progetto vuole superare, eccone alcuni: la realizzazione di un ponte sospeso con una campata centrale di 3.300 metri di lunghezza, il più lungo del mondo a campata unica; l’altezza delle torri di ca 399 metri; la compresenza della ferrovia; il sistema di sospensione a doppio cavo per lato con estensione di oltre 5 chilometri…
Scilla e Cariddi, i mostri dello Stretto, personificavano sin dai tempi di Omero, i pericoli che da sempre caratterizzano questo tratto di mare a causa dell’impetuosità persistente del vento che una volta incanalato dentro lo Stretto arriva a superare anche gli 80 nodi, delle fortissime correnti che a causa della riduzione del passaggio del mare tra lo Ionio e il Tirreno raggiungono il massimo della velocità di circa 8 nodi, e soprattutto dei violentissimi e frequenti terremoti in quanto l’area dello Stretto è considerata dagli scienziati una delle zone del pianeta con la più alta sismicità perché interessata da faglie attive connesse con il sistema orografico calabro-siculo. Nella mappa sismica italiana l’area dello Stretto ricade nella zona 1, cioè una zona con la più alta probabilità di terremoti.
Nei vari rapporti tecnico-scientifici-ingegneristici si leggono infiniti esperimenti finalizzati alla sicurezza del ponte che interessano vento, correnti e terremoti, orientati al convincimento della bontà dell’opera, ma a lungo andare? Si sta parlando della forza di un nano contro a quella di un gigante.
Il MASE, Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, ha dato parere favorevole a maggio 2025.
A giorni il CIPESS, Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica e lo Sviluppo Sostenibile emetterà il suo verdetto in merito.
C’è qualcuno che avrà ponderato i danni ambientali con la distruzione dell’habitat di intere specie di individui, e pensato alle famiglie, circa 1000 tra Calabria e Sicilia, che dovranno subire l’esproprio della propria casa e abbandonare una delle più belle aree della terra, considerata patrimonio dell’umanità da tutti i popoli, anche se non certificata, e per questo da salvaguardare?
MARIA FRANCESCA MAGNI